Malattie del fegato http://www.fegatochirurgia.com Sat, 04 May 2024 08:51:09 +0200 Joomla! - Open Source Content Management it-it COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/csp/item/324-colangite-sclerosante-primitiva http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/csp/item/324-colangite-sclerosante-primitiva

La Colangite Sclerosante Primitiva (CSP) è una malattia colestatica cronica ad origine ignota, più spesso autoimmunitaria, caratterizzata da diffusa infiammazione della via biliare intra ed extra-epatica che porta ad una progressiva fibrosi dell’albero biliare. La CSP va distinta dalla colangite sclerosante secondaria, patologia con le stesse caratteristiche cliniche ma con una causa ben identificabile come tumori maligni, infezioni o ischemia.
Negli stati Uniti e in Nord Europa è stimata un’incidenza fra 0.9 e 1.3 per 100,000 persone/anno. La prevalenza varia fra 8 e 14 per 100.000 persone.1 La CSP colpisce prevalentemente uomini giovani e di mezza età (M:F = 2:1) con età media alla diagnosi di 40 anni. Nei Paesi Occidentali il 70 – 80 % dei pazienti con questa patologia soffre anche di una forma di malattia infiammatoria cronica intestinale.2-4

SINTOMI

La più frequente presentazione della malattia è rappresentata dall’insorgenza progressiva di astenia, prurito ed ittero ma la clinica è molto variabile e molti pazienti arrivano alla diagnosi solo 12-24 mesi dopo l’insorgenza dei sintomi. La CSP può anche manifestarsi con episodi ricorrenti di colangite con febbre, dolore addominale ed ittero ma può essere anche del tutto asintomatica con alterazione del profilo bio-umorale riscontrato in corso di esami di routine eseguiti per altri motivi.
La colangite sclerosante è solitamente una sindrome che porta a significative complicazioni dovute alla colestasi cronica, con la progressiva stenosi ed obliterazione dei dotti biliari che divengono non funzionali. Il malassorbimento dei grassi e delle vitamine liposolubili è una complicanza frequente con conseguenti alterazioni metaboliche, soprattutto a carico delle ossa con osteoporosi e fratture patologiche. Quando si perde un numero critico di dotti si giunge alla fibrosi portale e da ultimo alla cirrosi con insufficienza epatica ed ipertensione portale. La CSP rappresenta inoltre un fattore di rischio per insorgenza di colangiocarcinoma.

DIAGNOSI

La diagnosi viene posta tramite la coledoco-pancreatografia retrograda endoscopica (CPRE), una tecnica radiologica per via endoscopica che permette di dimostrare le caratteristiche stenosi e dilatazioni dell’albero biliare intra ed extra-epatico multifocali e diffusamente distribuite. Durante la CPRE sono possibili manovre quali prelievo citologico, dilatazione e stenting della via biliare, è quindi una procedura sia diagnostica che terapeutica.
Negli ultimi anni, con lo sviluppo delle tecniche di risonanza magnetica, si può fare affidamento anche sulla colangiopancreatografia-risonanza magnetica (CPRM) che permette la visualizzazione della via biliare con i vantaggi di non usare radiazioni e non essere invasiva. La biopsia epatica non è necessaria alla diagnosi di fronte ad un quadro radiologico tipico di CSP. Può essere invece praticata per identificare ulteriori o alternativi processi patologici quando le indagini radiologiche risultano normali.5

TERAPIA

Una terapia specifica per trattare la CSP non esiste. L’approccio medico prevede l’ultilizzo di agenti che stimolano la secrezione e la fluidità della bile, farmaci immunosoppressivi e antifibrogenici. L’approccio endoscopico con dilatazione delle stenosi allevia il prurito e riduce la probabilità di colangiti.
Quando la terapia medica diviene inefficace si rende necessario un approccio chirurgico che include due opzioni: procedure di ricostruzione della via biliare ed il trapianto di fegato per la malattia allo stadio terminale.

PROGNOSI

A causa delle scarse conoscenze sulla patogenesi della CSP e della variabilità di presentazione, la storia naturale della malattia e la prognosi sono difficili da stabilire. È stata stimata una sopravvivenza media di 12 anni dal momento della diagnosi.6 Il trapianto di fegato rappresenta l’unica opzione salvavita per quei pazienti con progressiva insufficienza d’organo con un tasso di sopravvivenza a 5 anni dal trapianto tra 75% e 85%.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

  1. Bahmba K, Kim WR, Talwalker J, et al. Incidence, clinical spectrum, and outcomes of primary sclerosing cholangitis in a United States community. Gastroenterology 2003;125: 1364–9.
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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) CSP Tue, 03 Feb 2015 00:00:00 +0100
NASH http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/nash/item/323-nash http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/nash/item/323-nash

Circa il 10-20% della popolazione generale è affetta da un problema di “fegato grasso”, cioè da una condizione definita steatosi epatica. Molto spesso la causa di questa patologia non è nota, ma si associa ad altre patologie quali l’iperglicemia e il diabete mellito, la dislipidemia, l’ipertensione arteriosa, l’obesità addominale che nel complesso configurano la Sindrome metabolica. Possiamo quindi parlare di Steatosi epatica non alcolica (Non alcoholic Fatty Liver Disease – NAFLD), una situazione clinica in cui le cellule epatiche vengono sovraccaricate da un eccesso di grassi, in particolare di trigliceridi. A questa condizione apparentemente benigna può sovrapporsi un’infiammazione cronica e un danno a carico delle cellule epatiche, portando alla steatoepatite non alcolica (Non alcoholic Steato-Hepatitis – NASH). La progressione della malattia verso la steatoepatite aumenta in modo significativo il rischio di sviluppare cirrosi, insufficienza epatica, ed epatocarcinoma (HCC).


La prevalenza della steatosi epatica non alcolica è duplicata negli ultimi 20 anni, e NALFD e NASH sono ormai la prima causa di malattia epatica nei Paesi Occidentali.
La cirrosi sviluppata su NASH è un’indicazione al trapianto di fegato sempre più frequente: nel 2013, rappresentava la seconda patologia da cui erano affetti i pazienti in lista d’attesa per trapianto di fegato negli USA, subito dopo la cirrosi causata da infezione virale HCV. Nel prossimo futuro, ci si aspetta che NALFD e NASH diventino l’indicazione al trapianto di fegato più comune.

SINTOMI

Nella maggior parte dei casi, la caratteristica clinica della steatosi epatica è la sua assenza di sintomi. Molto spesso si associa al sovrappeso corporeo e talora i pazienti lamentano un senso di malessere generali, dolori addominali aspecifici al quadrante addominale superiore destro e disturbi della digestione.

DIAGNOSI

La diagnosi è spesso casuale. La steatosi epatica dovrebbe essere sospettata ogniqualvolta un paziente sia affetto da sindrome metabolica, diabete mellito, obesità, apnee del sonno.
Possono orientare verso la corretta diagnosi i seguenti esami:

  • Esami ematochimici: la NALFD si accompagna spesso a un aumento delle transaminasi (AST/ALT), della fosfatasi alcalina, delle gammaGT, e a livelli di colesterolo e trigliceridi eccedenti la norma.
  • Ecografia addominale: è il test di screening più usato per diagnosticare la steatosi epatica.
  • Risonanza Magnetica (RMN)
  • Biopsia epatica: è l’unico esame che consente una diagnosi certa, istologicamente provata. Non tutti i pazienti con diagnosi ecografica di steatosi vengono però sottoposti a biopsia; essa è utile per confermare la presenza di NASH, valutare lo stadio della patologia, e per escludere altre diagnosi in caso di citopenia (riduzione delle cellule ematiche circolanti), aumento di dimensioni della milza (splenomegalia), segni di malattia epatica avanzata, diabete associato a persistente elevazione delle transaminasi, aumento delle dimensioni del fegato (epatomegalia) inspiegato.

Sarà inoltre necessario effettuare gli esami del sangue necessari per escludere altre cause di malattia epatica, di origine virale, autoimmune, genetica, o associata all’assunzione di farmaci.
In caso di progressione di malattia verso uno stadio avanzato, il paziente potrebbe presentare altri segni clinici come ittero, angiomi cutanei, eritema al palmo delle mani, disturbi della concentrazione (encefalopatia epatica), aumento del peso corporeo e della circonferenza addominale per lo sviluppo di ascite.

TERAPIA

Al giorno d’oggi, non esiste un farmaco specificamente studiato per risolvere NAFLD e NASH. Modificare i propri stili di vita scorretti è il provvedimento terapeutico più efficace per bloccare la progressione di malattia.

  1. Trattamento delle patologie associate: è raccomandato il controllo appropriato dell’iperglicemia e della dislipidemia.Diversi studi dimostrano che i farmaci insulino-sensibilizzanti, come la metformina, e altri farmaci ipoglicemizzanti orali, hanno migliorato sia le alterazioni ematiche sia le alterazioni istologiche nei pazienti affetti da NALFD.
  2. Perdita di peso
    - dieta l’obiettivo è perdere il 5-10% del peso corporeo, riducendo del 25% l’apporto calorico giornaliero del paziente;
    - esercizio fisico è opportuno effettuare esercizio fisico 3 o 4 volte a settimana, raggiungendo una frequenza cardiaca pari al 60-75% del massimale (calcolato in base all’età del paziente);
  3. L’efficacia della dieta e dell’esercizio fisico viene valutata dopo un periodo di circa 6 mesi; se risultassero insufficienti, sarà necessario valutare altre opzioni terapeutiche;
    - chirurgia bariatrica: può essere un beneficio per i pazienti affetti da obesità patologica.
  4. Farmaci antiossidanti: Vitamina E e altri antiossidanti sono tuttora usati come terapie sperimentali.

L’obiettivo primario nella terapia della NASH è ridurre l’eccesso ponderale.
Qualora la malattia progredisca verso la cirrosi e l’insufficienza epatica, il miglior trattamento da offrire ai pazienti è il trapianto di fegato, che risulta necessario per il 30-40% dei pazienti affetti da cirrosi NASH-correlata.

PROGNOSI

La steatosi epatica è una condizione di per sé benigna; tuttavia, il 15-20% dei pazienti affetti sviluppa steatoepatite non alcolica (NASH), una condizione a maggior rischio di progredire verso la cirrosi epatica.
Si stima che circa il 10-20% dei pazienti affetti da NASH sviluppino cirrosi epatica. Questo sottogruppo è altresì a rischio di sviluppare epatocarcinoma (HCC).

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

 

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  7. Manuale Merck di Diagnosi e Terapia: Malattie del fegato e delle vie biliari, Steatosi epatica. MSD Italia.
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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) NASH Tue, 03 Feb 2015 00:00:00 +0100
TUMORE DEL PANCREAS http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/tumore-del-pancreas/item/322-tumore-del-pancreas http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/tumore-del-pancreas/item/322-tumore-del-pancreas

L'adenocarcinoma duttale del pancreas rappresenta in Italia circa il 3% di tutti i tumori incidenti tra maschi e femmine con un numero atteso annuo di circa 12200 nuovi casi. Se si considerano le donne con età maggiore di 70 anni esso è compreso tra i cinque tumori più frequenti (circa il 5%). Questo indica una variazione significativa nel comportamento epidemiologico della patologia che, da tumore prettamente maschile, sta diventando una neoplasia più rappresenta nelle donne nelle quali le conseguenze sulla salute dovute all'aumento del fumo di sigaretta iniziano a rendersi più evidenti.
L'andamento temporale dell’incidenza di questa neoplasia è in crescita sia nei maschi che nelle femmine, rispettivamente di +0,8 e +2% anno e nonostante la mortalità legata ad essa sia in progressivo lieve miglioramento nel mondo occidentale, la diagnosi di adenocarcinoma del pancreas è legata ad un prognosi non favorevole.


Fattori di rischio - Il fumo di sigaretta (anche passivo) rappresenta il fattore di rischio in assoluto più associato allo sviluppo dell'adenocarcinoma pancreatico. Chi fuma ha infatti da due a tre volte il rischio aumentato di ammalarsi. Altri fattori di rischio chiamati in causa sono quelli dietetici. L'obesità, la ridotta attività fisica, l'alto consumo di grassi saturi e la scarsa assunzione di verdure e frutta fresca sono correlati ad un più alto rischio di contrarre la malattia. Anche il consumo di alcolici ha un'associazione, seppur meno marcata, con l'insorgenza del cancro del pancreas. Tra le patologie d’organo, la pancreatite cronica è considerata una condizione di rischio per questi tumori (fino oltre 10 volte rispetto alla popolazione generale), così come il diabete mellito (1,5-2 volte) e la pregressa gastrectomia (3-5 volte). Fino al 10% dei pazienti con tumori pancreatici evidenziano una storia familiare, che in alcuni casi è possibile spiegare nel contesto di sindromi note come la sindrome di Peutz Jeghers (rischio di oltre 100 volte), la “sindrome familiare con nevi atipici multipli e melanoma” (20-30 volte), la mutazione del gene BRCA-2 (3-10 volte), la pancreatite ereditaria (10 volte), e la sindrome di Lynch.

SINTOMI

Questi tumori interessando un organo retroperitoneale spesso insorgono in silenzio, tendono a invadere le strutture a livello locale, e si diffondono già a distanza dal sito di origine prima di eventuali segni o sintomi clinici. I sintomi che portano questi tumori all'attenzione clinica variano molto, in particolare in base alla posizione del tumore all'interno del pancreas e allo stadio nel quale si presentano. La maggior parte dei tumori del pancreas si localizza nella parte destra del pancreas: nella testa o nel processo uncinato della ghiandola. In questi casi i sintomi includono ittero da ostruzione biliare, spesso accompagnato da prurito e dolore epigastrico irradiato al dorso a causa del coinvolgimento tumorale del plesso celiaco. Meno comunemente, i sintomi iniziali sono la nausea persistente o vomito come risultato di una ostruzione gastrica da stenosi della C duodenale. Inoltre, pancreatiti acute, in assenza di colelitiasi o abuso di alcol dovrebbe destare sospetti nei pazienti di età 60 anni o più vecchi e spingere il clinico ad escludere questo tipo di tumore. I tumori che derivano dalla parte sinistra del pancreas (corpo – coda) tipicamente non causano alcun sintomo fino a quando non raggiungo uno stadio avanzato. Per tali tumori, il dolore è il sintomo più comune, e l’ittero è raro. Anche l'insorgenza di diabete può essere la manifestazione di esordio di un tumore del pancreas.
Rappresentano un corteo sintomatologico abituale anche l'inappetenza e il calo ponderale.

DIAGNOSI

I normali test di laboratorio non hanno particolare importanza nella diagnosi specifica di malattia ma possono essere il campanello d'allarme di una situazione clinica da investigare appropriatamente. In particolare può essere evidente un'iperbilirubinemia prevalentemente diretta associata ad alterazione di GGT e ALP come pure a ipertransaminasemia. Come già descritto anche il riscontro di iperglicemia a digiuno e quindi di un diabete mellito devono essere ben valutati e indagati al fine di escludere una qualche patologia neoplastica pancreatica.
L'unico biomarker di cui è riconosciuta un'utilità clinica è antigene carboidrato 19-9 (CA 19-9). Esso tuttavia non è specifico per il cancro del pancreas, perché può essere elevata in condizioni benigne, in particolare associate a ittero ostruttivo. Inoltre la sua sensibilità è ridotta dal fatto che alcuni i pazienti non sono in grado di sintetizzare il CA19-9 e quindi non lo esprimono nel loro siero. La percentuale di pazienti affetti da cancro del pancreas, che rientrano in questo gruppo può variare dal 10% al 34%. Per tali motivi il CA19-9 serve maggiormente come marcatore di risposta al trattamento e per valutare la recidiva nei pazienti che hanno una diagnosi anatomopatologica di cancro al pancreas.
La maggior parte di pazienti con sospetto diagnostico di neoplasia del pancreas vengono sottoposto ad un'ecografia addominale o una TC addominale. Questi esami spingeranno il clinico a sottoporre il paziente ad accertamenti radiologici appropriati per il pancreas. Attualmente l'imaging radiologico di scelta è la TC multidetector con mezzo di contrasto endovenoso con protocollo pancreatico e studio vascolare arterioso e venoso. Anche la risonanza magnetica con mezzo di contrasto può dare informazioni simili a quelle della TC e può essere consigliata a quei pazienti con lieve insufficienza renale o allergia a mezzi di contrasto iodati.
L'uso dell'endoscopia diagnostica (EGDS e ERCP) va riservato a casi specifici come nei pazienti con segni di alterato scarico gastrico o pazienti con ittero ostruttivo per cui uno stenting duodenale o della via biliare debba essere eseguito (es. in caso di colangite). L'ecoendoscopia può essere utile nell'eseguire un campionamento bioptico in quei soggetti con tumore del pancreas avanzato o resecabile borderline per cui sia necessario una diagnosi istologica prima di iniziare la chemioterapia.

TERAPIA

Nella scelta del trattamento appropriato per l'adenocarcinoma del pancreas è essenziale una corretta stadiazione di malattia che valuti quindi l'estensione locale della malattia, l'eventuale suo coinvolgimento di linfonodi o di organi a distanza. Questo permette di classificare la patologia in tre sottogruppi:

  1. tumori chirurgicamente resecabili
  2. localmente avanzati/resecabili borderline
  3. non resecabili.

AJCC Staging of Pancreatic Cancer

La resezione chirurgica del tumore del pancreas rimane l'unica terapia potenzialmente curativa. Purtroppo, solo una minoranza di pazienti (circa il 20% al 30%) con adenocarcinoma del pancreas sono candidati a resezione curativa, al momento della diagnosi. Differenti approcci chirurgici resettivi dipendono dalla localizzazione del tumore e la sua estensione locale. I tumori che si localizzano nella parte destra della ghiandola pancreatica richiedono tipicamente una pancreatoduodenectomia, spesso eseguita con conservazione del piloro. La pancreasectomia distale viene utilizzata per asportare tumori del lato sinistro. In un piccolo gruppo di pazienti con un ampio coinvolgimento del parenchima del pancreas una pancreatectomia totale può essere richiesta.
A causa della tendenza della malattia neoplastica a ricorrere dopo resezione chirurgica o a persistere, in specifiche situazioni può essere utile associare al trattamento resettivo anche una chemioterapia adiuvante associata o meno a radioterapia.
Quando l'imaging preoperatorio dimostra un coinvolgimento da parte della malattia dell'asse venoso mesenterico superiore senza possibilità di ricostruzione chirurgica dopo resezione o un coinvolgimento dell'asse arterioso celiaco o dell'arteria mesenterica superiore si parla di malattia localmente avanzata o borderline resecabile. In questi casi è consigliato un trattamento chemioterapico o chemioradioterapico allo scopo di ridurre il coinvolgimento vascolare da parte della malattia così da permettere una resezione chirurgica radicale successiva (R0).
Il primo scopo nel trattamento di pazienti con malattia non resecabile e / o metastatici è quello di fornire un'adeguata palliazione dei sintomi legati alla loro patologia, in particolare l’ittero ostruttivo, l’ostruzione gastroduodenale, e il dolore addominale. L'approccio endoscopico o radiologico interventistico è in grado spesso di trattare l'ittero e l'alterato svuotamento gastrico attraverso stent posizionati nella via biliare principale e stent duodenali. Quando questo non è possibile è necessario intervenire chirurgicamente mediante confezionamento di anastomosi epaticodigiunali o bypass gastodigiunali allo scopo di palliare i sintomi meccanici. Per quanto riguarda la sintomatologia dolorosa è possibile determinare il blocco nervoso del plesso celiaco mediante puntura percutanea o ecoguidata.
I pazienti considerati non resecabili, se le loro condizioni cliniche lo permettono, sono candidati a trattamento chemioterapico allo scopo di prolungare la sopravvivenza, mantenendo o migliorando la qualità di vita.

PROGNOSI

Il carcinoma del pancreas, con il 7% dei decessi, entra tra le prime 5 cause di morte per tumore nel sesso femmine, se si prendono in considerazione le età centrali della vita esso occupa il quarto posto tra i maschi (7%) e le femmine (7%).
Si tratta di una delle neoplasie con prognosi più sfavorevole, solo il 7% degli uomini e il 9% delle donne sono vivi a 5 anni dalla diagnosi, senza sensibili scostamenti di prognosi negli ultimi 20 anni.
La sopravvivenza a 5 anni dopo resezione pancreatica si aggira attorno al 23 % negli stadi più precoci (Ia) e al 12-17% se si considerano tutti gli stadi, a 10 anni si riduce al 5-9%.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Tumore del Pancreas Mon, 26 Jan 2015 00:00:00 +0100
CALCOLOSI DELLA VIA BILIARE http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/via-biliare/item/317-calcolosi-della-via-biliare http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/via-biliare/item/317-calcolosi-della-via-biliare

CALCOLOSI DELLA VIA BILIARE EXTRA-EPATICA

Con il termine di calcolosi della via biliare extra-epatica si intende la presenza di calcoli nel coledoco (dotto che collega la via biliare intra-epatica e la colecisti ad un tratto di intestino chiamato duodeno e che permette il normale transito della bile). Nel 95% dei casi i calcoli si formano all’interno della colecisti (colelitiasi) e si spostano successivamente nel coledoco (coledocolitiasi secondaria). Esistono tuttavia casi più rari in cui i calcoli si formano direttamente nella via biliare (coledocolitiasi primaria).

SINTOMI

Nel 50% dei pazienti la diagnosi è occasionale, ad esempio durante una colecistectomia (rimozione della colecisti). Nei rimanenti casi, segni e sintomi più frequenti sono rappresentati dalla comparsa di un dolore acuto al fianco destro e dall’insorgenza di ittero (colorazione giallastra delle sclere e successivamente della cute). Altri sintomi meno specifici comprendono nausea e vomito. In alcuni casi il quadro si complica per la comparsa di febbre elevata con brividi, suggestiva di una sopraggiunta infezione della via biliare (colangite). Da ricordare infine la possibilità che la calcolosi della via biliare causi un’infiammazione del pancreas (pancreatite). Queste due ultime complicanze, seppur raramente, possono portare a quadri clinici potenzialmente gravi.

DIAGNOSI

L’anamnesi e l’esame obiettivo sono spesso sufficienti per sospettare una calcolosi della via biliare. I successivi provvedimenti diagnostici comprendono esami ematochimici (con misurazione di bilirubina diretta, gGT, fosfatasi alcalina, amilasi) ed un’ecografia epatica (con studio della via biliare). L’indagine di secondo livello di scelta in casi selezionati (forte sospetto clinico senza segni ecografici diagnostici) è rappresentata dalla Colangio-Risonanza Magnetica (Colangio-RM). Un’alternativa può essere rappresentata dalla Tomografia Computerizzata (TC).

TERAPIA

Il trattamento della calcolosi della via biliare viene proposto nei casi sintomatici e prevede spesso un approccio multidisciplinare radiologico, endoscopico e chirurgico. Non esiste attualmente una valida terapia medica alternativa.
L’approccio endoscopico prevede l’esecuzione, in regime di ricovero, di una Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (ERCP), una procedura che attraverso un’Esofago-Gastro-Duodenoscopia (EGDS) permette di raggiungere lo sbocco del coledoco nel duodeno e di rimuovere i calcoli presenti.
L’approccio chirurgico, sequenziale a quello endoscopico, può essere di tipo laparotomico (con incisione tradizionale) o laparoscopico (con telecamera a fibre ottiche). In entrambi i casi si procede alla rimozione della colecisti contenente calcoli. L’eventuale esplorazione della via biliare può essere effettuata attraverso la stessa colecistectomia (esplorazione trans-cistica) o attraverso un’incisione diretta del coledoco (coledocotomia).
La tecnica più diffusa prevede un approccio endoscopico di bonifica della via biliare seguito da un intervento chirurgico di colecistectomia e viene perciò chiamata sequenziale.
La TECNICA ‘ALL IN ONE’ rappresenta un’alternativa proposta dal nostro Centro rispetto all’approccio sequenziale tradizionale (ERCP e successiva colecistectomia). Questa particolare tecnica permette di effettuare la colecistectomia, l’esplorazione endoscopica (coledocoscopia) e radiologica (colangiografia) della via biliare intra ed extra-epatica e la rimozione ‘sotto visione diretta’ dei calcoli IN UN UNICO TEMPO. Tale approccio, eseguibile anche in laparoscopia, rappresenta un’evoluzione nel trattamento della calcolosi della via biliare resa possibile dall’avvento della laparoscopia, dall’esperienza maturata dal Centro e dall’introduzione di un particolare endoscopio flessibile di soli 2.8 millimetri di diametro, il coledocoscopio. La rimozione dei calcoli può inoltre essere effettuata con l’aiuto di diversi strumenti (tramite pinze, cestello di Dormia, catetere di Fogarty).

PROGNOSI

Trattandosi di una patologia benigna la prognosi è buona. È tuttavia opportuno ricordare che:
nel 10% dei pazienti sottoposti a procedura endoscopica possono residuare o recidivare problematiche relative alla via biliare e al suo sbocco in duodeno (calcolosi, restringimenti cicatriziali, colangiti, pancreatiti);
nel 10% dei casi è necessaria una conversione dell’intervento chirurgico dalla laparoscopia alla laparotomia per l’esecuzione della procedura in sicurezza;
nel 10% dei pazienti sottoposti a bonifica chirurgica della via biliare la calcolosi può residuare o recidivare.

CALCOLOSI DELLA VIA BILIARE INTRA-EPATICA

Con il termine di calcolosi della via biliare intra-epatica si intende la presenza di calcoli al di sopra della convergenza dei dotti biliari nel coledoco. In alcuni casi i calcoli si formano all’interno della colecisti (colelitiasi) e si spostano successivamente nella via biliare. Più spesso tuttavia possono identificarsi diverse cause allo stesso tempo: infezioni batteriche, anomalie anatomiche (restringimenti o dilatazioni dei dotti biliari) che possono essere primitive (malattia di Caroli, colangite sclerosante) o secondarie, infestazioni parassitarie.

SINTOMI

La sintomatologia è simile a quella della calcolosi extra-epatica. Da non trascurare l’associazione tra calcolosi intra-epatica e tumore delle vie biliari (colangiocarcinoma) descritta nel 5% dei casi.

DIAGNOSI

Oltre all’anamnesi, l’esame obiettivo e agli esami ematochimici, gli esami morfologici fondamentali per la mappatura dei calcoli e lo studio delle eventuali anomalie anatomiche sono l’ecografia epatica, la Colangio-RM, la RM o la TC con mezzo di contrasto. Invasive ma estremamente accurate sono inoltre l’ERCP e la PTC (colangiografia percutanea transepatica).

TERAPIA

L’obiettivo del trattamento della calcolosi intra-epatica è la rimozione dei calcoli e la prevenzione di possibili recidive mediante correzione o eliminazione di eventuali anomalie anatomiche. Come per la calcolosi extra-epatica, la bonifica della via biliare può avvalersi di un approccio multidisciplinare radiologico (PTC), endoscopico (ERCP) e chirurgico (colecistectomia ed esplorazione della via biliare), con tecnica sequenziale o in un unico tempo. Indicazioni all’intervento chirurgico sono: estesa atrofia di una parte del fegato, ascessi multipli, restringimenti importanti della via biliare non trattabili altrimenti, sospetto di colangiocarcinoma.

PROGNOSI

Trattandosi di una patologia benigna la prognosi è buona. È tuttavia doveroso sottolineare che nel 10% dei pazienti sottoposti a bonifica della via biliare la calcolosi può recidivare rendendo necessaria un’attenta e precoce rivalutazione del quadro clinico e morfologico.

BIBLIOGRAFIA

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Epatoblastoma http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/epatoblastoma/item/316-epatoblastoma http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/epatoblastoma/item/316-epatoblastoma

L'epatoblastoma (HB) è la neoplasia epatica più frequente dell'età pediatrica ed è responsabile di circa l'80% dei tumori maligni del fegato nel bambino con un'incidenza globale circa di 0.5-1.5 casi per milione di bambini e sembra essere in aumento1,2,3.
La prematurità con basso peso alla nascita è il principale fattore di rischio riconosciuto (incremento del rischio fino a 20 volte se peso alla nascita <1500 gr); si è notata inoltre associazione con la Poliposi Adenomatosa Familiare, la Sindrome di Beckwith–Wiedemann e Trisomia del cromosoma 18; altre associazione sembrano invece essere sporadiche4,5,6,7. La causa dell'HB è spesso sconosciuta ma sembra coinvolgere alterazioni dei processi di moltiplicazione e sviluppo delle cellule in età gestazionale8. Sono state descritte 6 varianti istologiche di HB 9 distinte.

SINTOMI

Solitamente asintomatico anche in fase avanzata, si presenta frequentemente come massa addominale palpabile. Il 10-20% dei bambini ha metastasi polmonari già alla presentazione6.
Possono essere presenti anoressia, ritardo di crescita, dolore addominale aspecifico, osteopenia severa e talora anemizzazione acuta da rottura spontanea ed emoperitoneo1.

DIAGNOSI

La diagnosi si avvale di anamnesi, esame obiettivo, diagnostica di laboratorio (anemia, trombocitemia, modesto incremento delle transaminasi ed importante aumento dell'α-fetoproteina AFP; con valori solitamente > 100,000-300,000 mcg/mL)6,10. La diagnosi viene completata con esami radiologici quali: ecografia epatica con eco-color-doppler, TAC torace ed addome con mezzo di contrasto (o la RM) ed eventualmente una scintigrafia ossea o una PET-TAC. Sempre raccomandato inoltre l'esame istologico mediante biopsia chirugica6,10,11.

STADIAZIONE

In Europa il sistema di stadiazione più utilizzato è il sistema PRETEXT (PRE-TReatment-EXTension), basato sull'imaging radiologico (Immagine + Tabella 1-2)12; in base al PRETEXT, ai valori di AFP e del tipo istologico i pazienti vengono suddivisi in tre diverse classi di rischio che andranno incontro a diversi percorsi terapeutici:

  • HB a rischio standard: tutte i pazienti in PRETEXT I-II-III senza fattori prognostici negativi addizionali.
  • HB ad alto rischio tutte le categorie non incluse nel rischio standard ed altissimo.
  • HB ad altissimo rischio se AFP < 100 mcg/mL o metastasi extra-epatiche 13.

TERAPIA

I pazienti affetti da HB richiedono una valutazione multidisciplinare con oncologi, pediatri, patologi chirurghi pediatirci, radiologi e trapiantologi al fine di poter elaborare la miglior strategia terapeutica. Quando eseguibile, la resezione epatica rapprestenta la terapia di prima scelta; nei pazienti non resecabili si rende invece necessaria valutazione per eventuale trapianto di fegato (TF). Il trattamento proposto varia a seconda dello stadio e della classe di rischio, i chemioterapici più usati sono cisplatino, carboplatino, doxorubicina ed irinotecano13,14,15,16.
Il TF rappresenta l'unica possibilità di cura nei pazienti con HB non resecabile, in pazienti con insufficienza epatica dopo resezione o recidiva di HB5,17. Controindicazioni assolute al TF sono rappresentate da metastasi polmonari non responsive alla chemioterapia e non resecabili o da altre metastasi non resecabili5,18.
Il TF nei pazienti con HB andrebbe eseguito entro poche settimane dalla fine dell'ultimo ciclo di terapia, non appena risolta la mielosoppressione. Quando i tempi di attesa si prolunghino vi è indicazione all'esecuzione di TF da donatore vivente19. Dal punto di vista tecnico, al momento del trapianto, si predilige la tecnica “classica” di sostituzione della vena cava inferiore per una maggiore radicalità oncologica20.

PROGNOSI

I pazienti affetti da HB dimostrano percentuali di risposta alla chemioterapia fino al 90-95% ed un tasso di conversione a resecabilità del 75-85%2,5. Dopo resezione epatica la sopravvivenza è di circa l'80% a 5 anni ed è sostanzialmente uguale a quella dei pazienti sottoposti a TF2,17.

PROSPETTIVE FUTURE

Terapia medica: in studio il potenziale ruolo di farmaci inibitori di mTOR (rapamicina, everolimus) per la loro attività anti-tumorale ed immunosoppressiva; in corso di studi anche l'eventuale utilizzo di Sorafenib, un farmaco che si è già dimosrato efficace nei tumori del fegato e del rene dell'adulto21.
Terapia chirugica: è auspicabile una sempre più ampia applicazione delle tecniche di chirurgia estrema già in uso per i pazienti adulti (resezioni epatiche ex-situ o resezioni epatiche in due tempi (two-stage hepatectomy, ALPPLS e LAPS procedures) per incrementare la resecabilità delle neoplasie evitando la necessità di ricorrere al TF22.

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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Epatoblastoma Sat, 24 Jan 2015 00:00:00 +0100
Malattie Metaboliche http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/malattie-metaboliche/item/315-malattie-metaboliche http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/malattie-metaboliche/item/315-malattie-metaboliche

I Disordini Ereditari del Metabolismo (DEM) sono patologie congenite causate dall'assenza o dalla riduzione dell'attività di enzimi deputati a svolgere le funzioni metaboliche dell'organismo. I DEM sono dovuti ad alterazioni del gene che serve per costituire un dato enzima la cui funzione risulta pertanto deficitaria. Si portanno avere DEM dovuti alla mancata produzione di prodotti indispensabili per i processi energetici, malattie secondarie all'accumulo di sostanze tossiche che non possono essere smaltite (mancanza dell'enzima) o patologie dovute alla ridotta produzione di energia1,2.
A seconda del tipo di patologia e di deficit enzimatico, i DEM si potranno manifestare in diverse fasi della vita; possono avere esordio acuto neonatale, possono esordire con crisi acute successive e/o ricorrenti dopo una fase di latenza o con sindromi croniche ad andamento progressivo2,3.


I DEM che possono rendere necessario il ricorso al trapianto di fegato (TF) possono essere divisi in due grandi categorie a seconda della presenza/assenza di danno epatico associato alla carenza dell'enzima (steatosi, fibrosi, cirrosi, adenomatosi, epatocarcinoma). Entrambe le categorie sono a loro volta suddivise a seconda che il difetto sia espresso solo nel fegato o anche in altri organi o tessuti4.

Si distinguono pertanto (Tabella 1)4:

DEM con lesioni epatiche 
 DEM con lesioni epatiche e danno ad espressione solo epatico
DEM con fegato sano e danno ad espressione sistemica
DEM con lesioni epatiche e danno ad espressione sistemica
  • Malattia di Crigler-Najjar
  • Iperossalosi primitiva tipo 1
  • Disordini del ciclo dell'urea
  • Ipercolesterolemia familaire
  • Emofilia
  • Deficit di fattore VII
  • Deficit di proteina C e proteina S
  • Deficit di fattore H
  • Amiloidosi tipo 1
  • Defict di a1 Anti-tripsina (PiZZ)
  • Tirosinemia
  • Cirrosi indiana infantile
  • Tossicosi da rame idiopatica
  • Profirie epatiche (acuta intermittente e variegata)
  • Emocromatosi neonatale
  • Glicogenosi tipo I
  • Colestasi intraepatica familiare tipo 2 e 3
  • Metil-malonico acidemia
  • Acidemia propionica
  • Morbo di Wilson
  • Galattosemia
  • Profiria eritropoietica
  • Glicegenosi tipo Ib, III e IV
  • Malattie da accumulo lisosomiale
  • Fibrosi cistica
  • Malattie della catena respiratoria
  • Colestasi intraepatica familiare tipo 1

Sebbene rari quando analizzati singolarmente (Tabella 2) nell'insieme i DEM rappresentano, per frequenza, la seconda indicazione al TF in età pediatrica in tutte le fasce d'età considerate con frequenza che va dal 9 al 26% nella fascia 0-2 anni e 2-15 anni5 (Immagine 1).

SINTOMI

I sintomi sono vari e dipendono dalla patologia specifica e dall'eventuale presenza di danno epatico6. Quando presente, il coinvolgimento epatico, si può esprimere con: insufficienza epatica acuta/fulminante, cirrosi epatica e relative complicanze, epatocarcinoma, compromissione neurologica, colestasi cronica, epato/splenomegalia1,4,7.

DIAGNOSI

Oltre all'anamnesi (familiarità/consanguineità) ed all'esame obiettivo, è necessaria un'accurata diagnostica di laboratorio per la ricerca ed il dosaggio di metaboliti anomali o abnormi concentrazioni di metaboliti normali nei fluidi biologici. Alcuni DEM possono essere diangosticati mediante metodiche di screening al momento della nascita2.

TERAPIA

La terapia ideale dei DEM è costituita dalla terapia genica5 o alla supplementazione, quando possibile, dell'enzima deficitario. Poche sono le malattia attualmente curabili in questo modo; per le altre patologie, soprattutto se accompagnate da danno epatico, si rende necessario il TF4,7 che non solo cura il difetto genetico ma anche, se presente, la patolgia epatica sottostante. Le controindicazioni assolute al trapianto sono rappresentate da presenza di alterazioni neurologiche irreversibili o grave compromissione di altri organi ed apparati8.

PROGNOSI

La sopravvivenza dei pazienti sottoposti a TF per patologia metabolica è eccellente con sopravvivenze del 94.6% ad 1 anno, dell'88.9% a 5 anni e dell'80% a 10 anni dal trapianto5,9.

PROSPETTIVE FUTURE

  • Terapie geniche (da utilizzarsi nel trattamento dei DEM con fegato strutturalmente sano) al fine di prevenire il perpetuarsi del danno a carico di altri organi e/o apparati10.
  • Trapianto di epatociti mediante isolamento di epatociti “sani”che esprimono normalmente la funzione metabolica deficitaria e vengono iniettati attraverso la vena porta; i dati fino ad ora disponibili dimostrano però una correzione solo parziale del difetto metabolico6.
  • Trapianto di fegato con tecnica “domino” che prevede, al momento del trapianto, l'utlizzo del fegato espiantato dal paziente affetto da alcuni DEM, strutturalmente sano, in un ricevente affetto da epatopatia teminale10.
  • Trapianto di fegato ausiliario nel quale il ricevente affetto da DEM mantiene parte del proprio fegato nativo e viene trapiantato con utilizzo di un solo un lobo epatico, con la sola funzione di vicariare al deficit enzimatico e non alla funzionalità epatica e lasciando in tal modo spazio per una futura terapia genica sul fegato nativo10.

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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Malattie Metaboliche Sat, 24 Jan 2015 00:00:00 +0100
Epatite fulminante http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/epatite-fulminante/item/314-epatite-fulminante http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/epatite-fulminante/item/314-epatite-fulminante

Per epatite fulminante si intende un quadro di improvvisa insufficienza epatica caratterizzato da ittero, coagulopatia (INR > 1.5 in paziente non in terapia anticoagulante) ed encefalopatia in soggetti che non presentavano in precedenza malattie a carico del fegato.
In base all’intervallo di tempo tra l’insorgenza dei primi sintomi (ittero) e l’insorgenza di encefalopatia l’epatite fulminante può essere classificata in:

  • Epatite fulminante o iperacuta (intervallo di 7 giorni)
  • Epatite acuta (8-28 gg)
  • Epatite subacuta o subfulminante (>4-12 settimane)

Le cause più frequenti di epatite fulminante sono:

  • virale (HAV, HBV, HEV, Herpes)
  • da farmaci (paracetamolo, frequentissima in Gran Bretagna; alotano)
  • da alcool
  • da tossine (amanita phalloides)
  • da abuso di prodotti da erboristeria
  • da droghe o da solventi industriali (tetracloruro di carbonio)
  • da autoimmunità
  • da altre cause quali morbo di Wilson, sindrome di Reye, sindrome di Budd-Chiari, steatosi acuta gravidica, ipertermia

In circa il 20% dei casi l'eziologia rimane sconosciuta.

SEGNI E SINTOMI

Clinicamente l’epatite fulminante si manifesta entro 10 giorni dall’esordio dell’ittero con i segni e i sintomi dell’encefalopatia epatica (alterazione psico-motoria, alterazioni del comportamento, difficoltà nel linguaggio, rallentamento nell’ideazione, confusione mentale, stato soporoso sino al coma, flapping tremor, spasticità, iperreflessia), spesso accompagnati da febbre, dolori addominali, nausea, vomito, iperventilazione, fetor hepaticus ed aumento dell’ittero cutaneo.

DIAGNOSI

Si basa su:

    • Accurata ANAMNESI: esposizione ad infezioni virali, farmaci, tossine.
    • ESAME OBIETTIVO: valutazione dello stato mentale per definire l’eventuale presenza di encefalopatia; esclusione di segni di epatopatia cronica preesistente; presenza di ascite, petecchie/ecchimosi cutanee o di fegato di dimensioni ridotte.
    • ESAMI SIEROLOGICI E MICROBIOLOGICI.
    • ESAMI EMATOCHIMICI:
      • Iperbilirubinemia
      • Alterazione dei parametri coagulativi (tempo di protrombina superiore a 50 secondi oppure con un INR di 3.5 , caduta dei livelli dei fattori V e VII al di sotto del 30%)
      • Marcata elevazione delle transaminasi (AST/ALT superiori a 5 000 - 10 000 UI/L) : questo ultimo dato non è però costante, essendo possibile trovare valori di AST/ALT, che dopo una rapida ascesa, cadono rapidamente fino a raggiungere valori non lontani dalla norma. Tale reperto, indice di necrosi massiva già avvenuta, è prognosticamente sfavorevole, specie se associato a rapido aumento dell'ittero e a riduzione delle dimensioni del fegato.
      • Aumento di urea e creatinina ed oliguria (sdr epatorenale)
      • Iperammoniemia
  • ESAMI STRUMENTALI; ecografia addome o TC addome per valutare dimensioni del fegato ad assenza di trombosi vascolari.
  • BIOPSIA EPATICA; nei casi sospetti di epatite autoimmune, linfoma, infiltrazione metastatica, infezione da HSV, o di causa non nota.

TERAPIA


La terapia è essenzialmente di sostegno ( Vitamina K, infusione di plasma fresco o piastrine, antibiotico-profilassi, N-acetil-cisteina, sostegno inotropo), e richiede nella maggior parte dei casi un approccio intensivo.
A seconda dell’eziologia possono essere intraprese anche terapie specifiche quali:

      • Corticosteroidi per le epatiti autoimmuni.
      • Lamivudina o entecavir per le HBV acute.
      • Acyclovir per le infezioni da HSV.
      • Chelanti del rame, plasmaferesi ed antiossidanti per il morbo di Wilson.
      • Decompressione chirurgica o confezionamento di TIPS (transjugular intrahepatic portosystemic shunts) per la sdr Budd-Chiari acuta.

È comunque necessaria una valutazione multidisciplinare tra epatologi, anestesisti, chirurghi trapiantologi , neurologi e nefrologi al fine di iniziare una rapida valutazione per inserimento in lista per trapianto di fegato.
Il trapianto di fegato rimane, al momento, la terapia di scelta nei pazienti con rapida progressione del danno epatico.

PROGNOSI


Lo score prognostico comunemente utilizzato è il King College Criteria (KCC); si tratta di uno score sensibile ma poco specifico.
I fattori principali che determinano l’outcome dell’epatite fulminante sono rappresentati dall’eziologia e dal grado di encefalopatia al ricovero.
La sopravvivenza con il solo trattamento medico di supporto appare migliore nei soggetti in cui la encefalopatia esordisce in forma iperacuta rispetto alle forme acuta o subacuta (50 vs 20%), nelle forme da Virus A (45-60%) , nella steatosi acuta gravidica e in caso di intossicazione da paracetamolo (50%). Prognosi sfavorevole si osserva invece più frequentemente nelle epatiti non-A non-B (sopravvivenza 9-20%), nelle forme tossiche da alotano (sopravvivenza 12%) e nelle forme associate a morbo di Wilson (mortalità vicina al 100%) o a epatiti autoimmuni.
Il trapianto di fegato ha sostanzialmente modificato la storia naturale di questa patologia; la sopravvivenza a breve termine dopo trapianto è buona, un 90% di sopravvivenza a 1 mese e il 70% a 1 anno.

PROSPETTIVE FUTURE


Il futuro è attualmente orientato verso:

        • Utilizzo con bridge al trapianto del fegato bioartificiale ossia di un sistema di supporto delle funzioni epatiche, costituito da una componente biologica (epatociti) e da una struttura artificiale che funge da supporto alle cellule e da interfaccia con il sangue o con il plasma del paziente.
        • Sperimentazione con cellule staminali totipotenti.
        • Trapianto di epatociti isolati; si tratta di una procedura sinora eseguita in modelli animali con insufficienza epatica acuta, dimostrando un miglioramento della sopravvivenza correlato sia alla massa di cellule trapiantate che alla precocità del trapianto (Gagandeep 2000; Krishna Vanaja 1998; Nakamura 1997). I risultati sono spiegati sia dal sostegno metabolico fornito dagli epatociti trapiantati che da fattori umorali verosimilmente prodotti dagli stessi, che eserciterebbero uno stimolo trofico sul fegato nativo malato. Alcuni studi clinici hanno riportato l’utilizzo di epatociti isolati infusi in corso di epatite acuta fulminante, come supporto metabolico transitorio (“bridge”) in attesa di un trapianto d’organo, o addirittura come strategia per favorire la ripresa rigenerativa e funzionale del parenchima endogeno (Strom 1999). Si tratta di casistiche molto limitate e non randomizzate, che non consentono di trarre alcuna conclusione sull’efficacia del trattamento.

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      10. William M. Lee1, Squires R, Nyberg S , Hoofnagle JH. Acute liver failure: Summary of a workshop. Hepatology. 2008 April ; 47(4): 1401–1415
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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Epatite fulminante Thu, 22 Jan 2015 00:00:00 +0100
Cirrosi Epatica http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/cirrosi-epatica/item/313-cirrosi-epatica http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/cirrosi-epatica/item/313-cirrosi-epatica

La cirrosi epatica rappresenta una patologia cronica del fegato caratterizzata dal sovvertimento dell'architettura epatica e della sua funzionalità.
Il tessuto epatico a causa di una continua infiammazione su base (tossica, virale, autoimmune, dismetabolica) va incontro a processi degenerativi:

  1. necrosi epatocitaria
  2. flogosi
  3. fibrosi con formazione di setti fibrosi cicatriziali e sostituzione degli epatociti funzionanti
  4. formazione di noduli rigenerativi.

Nel corso degli anni questi eventi determinano un sovvertimento strutturle del tessuto epatico e del microcircolo, determinando un'alterata funzionalità dell'organo.
Dati epidemiologici suggeriscono che circa lo 0,1% della popolazione europea sia affetta da cirrosi epatica, corrispondenti a circa 14-26 nuovi casi per 100.000 abitanti, con una stima di 170000 morti l'anno.
In Italia l'insufficenza epatica rappresenta la 19esima causa di morte, la cirrosi epatica è il maggior fattore di rischio per insorgenza di Epatocarcinoma HCC, che nel nostro paese, rappresenta la 12° causa di mortalità generale e la 5° causa di mortalità tra i tumori maligni.

15 principali cause di morteLe cause più comuni di cirrosi epatica sono legate a infezione di virus epatopatici e ad un'ezilogia alcolica.

Epatite C
Il virus dell'epatite C (HCV), è un virus che colpisce il fegato.
L’infezione è spesso asintomatica. I sintomi, quando presenti sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. L’infezione acuta diventa cronica in un’elevata percentuale dei casi, stimata fino all’85%.
Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, una cirrosi e da questa l’epatocarcinoma può evolvere in circa l’1-4% dei pazienti. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, ma per lo più varia nell’ambito di 6-9 settimane.
La trasmissione avviene principalmente per via parenterale.
Il controllo delle donazioni di sangue, attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-HCV, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.
A tutt’oggi non esiste un vaccino per l’epatite C.
Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta (SEIEVA) Seieva ha registrato una stabilizzazione dei tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000, a partire dal 2009. Nel 2013 il numero di nuovi casi l' anno è 0,3 per 100.000 (0 per la fascia d’età 0-14; 0,3 per le fasce d’età 15-24 e ≥25 anni) [5]

Schema infezione

RISORSE UTILI

http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs164/en/ (eng)
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_736_allegato.pdf

EPATITE B

Il virus dell’epatite B (HBV) è un virus che colpisce il fegato. L’infezione da HBV è nella maggior parte dei casi asintomatica.
L’infezione dell’epatite B è endemica nei paesi del sud-est Asiatico e nell'Africa sub Sahariana dove è responsabile fino al 90% dei carcinomi del fegato.
I pazientii affetti da epatite B dai quali si può contrarre l'infezione si dividono in pazienti affetti da malattia acuta o da portatori cronici, che presentano il virus nel sangue ma anche in altri liquidi biologici.
Soggetti maggiormente a rischio per il contagio di epatite B sono i tossicodipendenti, chi pratica sesso non protetto, il personale sanitario, ma anche i contatti familiari e sessuali con persone infette, i tatuaggi, piercing, manicure, pedicure, ecc.
Il periodo di incubazione varia fra 45 e 180 giorni, ma si attesta solitamente fra 60 e 90 giorni.
In Italia esiste un vaccino in grado di fornire un'immunità prolungata. In Italia dal 1991, la vaccinazione è obbligatoria per tutti i nuovi nati e per gli adolescenti a 12 anni. La vaccinazione è fortemente raccomandata per i gruppi di popolazione a maggior rischio d’infezione (tossicodipendenti, conviventi di portatori cronici, personale sanitario, ecc) [3]
Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta (SEIEVA) ha registrato una stabilizzazione dei tassi intorno a 1 per 100.000 e, nel 2013, e il numero di nuovi casi l'anno è stata di 0,9 per 100.000 (0,1 per la fascia d’età 0-14; 0,3 per la fascia 15-24; 1,1 per le fasce d’età ≥ 25 anni) [4]

RISORSE UTILI

http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs204/en/ (eng)

ALTRE CAUSE

 

Malattie Genetiche
Autoimmuni
Malattie congenite vie biliari
Iatrogena
Cardiogena
Dismetabolica
Emocromatosi Morbo di Wilson  Epatite autoimmune Atresia vie biliari   Da farmaci (methotrexate)  Scompenso cardiaco congestizio Nonalcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) 
 Deficit alfa1-antitripsina  Colangite sclerosante  Malattia di Caroli  Dopo interventi sulle vie biliari   Nonalcoholic Steatohepatitis (NASH) 
 Porfiria  Cirrosi biliare primitiva  Alagille      
  Sarcoidosi Fibrosi cistica      

SINTOMI

I sintomi spesso aspecifici possono rimanere silenti per anni, tra i più comuni anoressia, astenia, calo ponderale.
Manifestazioni tardive posso coinvolgere numerosi organi e apparati e sono causati dalla perdita di funzionalità epatica e dallo sviluppo di una circolazione collaterale che ha i fine di bypassare il fegato cirrotico.
Organi e apparati coinvolti sono:
Cute: spider-naevi, eritema palmare, dita ippocratiche, ginecomastia, ipogonadismo, Contrattura di Dupuytren
Addome: ascite, splenomegalia
Sintomi neurologici: encefalopatia epatica, torpore, flapping tremor
Sintomi renali: insufficienza renale e sovraccarico di liquidi
Emorragie: Ematemesi legata alla rottura di varici, esofagee e rettorragia causate da varici rettali
Infezioni del liquido ascitico (peritonite batterica spontanea): causata dalla traslocazione batterica in corso di ipertensione portale
Anemia: legata a possibili sanguinamenti o sequestro splenico
Deficit di sintesi del fegato: ipoalbuminemia, deficit fattori della coagulazione,
Sintomi colestatici: ittero, prurito, xantelasmi, malassorbimento dei grassi. Diabete melito di tipo II causato dall' alterato metabolismo da parte del fegato
Sintomi legati all'ipertensione portale: splenomegalia, ascite, varici esofagee, varici rettali, sviluppo circoli collaterali superficiali, caput medusae

DIAGNOSI

Biopsia: tramite la quale viene prelevato un campione di fegato per essere esaminato microscopicamente, ad oggi rappresenta la metodica più affidabile per valutare il grado di fibrosi epatica e l'attività necrotica infiammatoria della malattia.
Esami del sangue: per la misurazione dei livelli di transamminasi (AST-ALT) enzimi liberati dagli epatociti necrotici.
Altre variazioni agli esami ematochimici riguardano:

  • Aumento della bilirubina
  • Riduzione dei fattori della coagulazione con conseguente aumento del tempo di protrombina (PT)
  • Riduzione dei livelli di albumina
  • Riduzione del numero di piastrine
  • Aumento delle gammaglobuline

Sierologia: per la valutazione di possibili infezioni da parte di virus epatopatici HCV o HBV
Ecografia: esame rapido e non invasivo che permette la valutazione delle dimensioni, omogeneità del fegato, presenza di nodularità e flusso vascolare epatico
Fibroscan: metodica rapida e non invasiva per valutare il grado di fibrosi epatica e steatosi

TERAPIA

Ad oggi non esiste alcuna terapia medica curativa per la cirrosi, la terapia attuata è fondamentale per rallentare o arrestarne la progressione.
Ha il fine di ridurre al minimo i sintomi e sopperire all'alterata funzionalità epatica e consiste in:

  • Terapia alimentare con restrizione idrica e salina, astensione da alcol, integrazione calorica
  • Diuretici: per diminuire il sovraccarico idrico
  • Lassativi: (lattulosio) favorendo una regolare defecazione si evita che tossine prodotte da batteri intestinali possano entrare in circolo bypasasndo il fegato.
  • Vit. K: se presenti defici coagulativi
  • B-boccanti: in caso di presenza di varici esofagee
  • Terapia antivirale in caso di infezione da HBV o HCV

Ad oggi l'unico intervento curativo per la cirrosi epatica è rappresentato dal trapianto di fegato.
Atri interventi chirurgici hanno lo scopo di diminuire la pressione nel circolo portale bypassando il fegato, possono essere considerati solo palliativi e non risolutivi del problema come TIPS o shunts porto-cavali.

PROGNOSI

La prognosi del paziente cirrotico può essere calcolata con vari sistemi di classificazione.
Questi sistemi prendono in considerazione parametri che si modificano a seconda della gravità della patologia, i più utilizzati sono:

CHILD-PUGH score
Il calcolo si basa sulla valutazione di 5 parametri clinici ai quali può essere dato un punteggio da 1 a 3

CHILD-PUGH score
1 punto
2 punti
3 punti
Ascite assente all'ecografia sintomatica
Encefalopatia assente I-II III-IV
Bilirubina sierica <2 2-3 >3
INR <1.7 1.7-2.3 >2.3
Albumina sierica >3.5 3-3.5 <3

 

Punteggio
Classe
Sopravvivenza a 1 anno
Sopravvivenza a 2 anni
 5-6  A  100%  85%
 7-9  B  81%  57%
 10-15  C  45%  35%

Punteggio MELD Model for end stage liver disease: variabili considerate:

  1. livello creatinina sierica;
  2. bilirubina sierica;
  3. INR. Utilizzando un sistema di calcolo logaritmico stabilisce la priorità che ha un paziente in lista di ricevere un trapianto di fegato.
Punteggio
MortalitA'
<9  1.9%
10-19  6%
20-29 19.6%
30-39 52.6%
>39 71.3%

Recentemente è stato apportata l' introduzione del sodio (Na) nel punteggio MELD , MELD-NA

PROSPETTIVE FUTURE

Nella cura delle epatiti croniche in particolare nell' infezione da HCV oltre alla terapia con Interferoni + Ribavirina è disponibile per alcune classi di pazienti un nuovo farmaco antivirale Sofosbuvir che ha dimostrato eccellenti risultati.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

  1. The burden of liver disease in Europe: a review of availableepidemiological dataAuthors : Martin Blachier, Henri Leleu, Markus Peck-Radosavljevic, DominiqueCharlesValla and Françoise Roudot-Thoraval 20th February 2013ISBN No. 978-2-8399-1176-4.
  2. Statistica istat, principali cause di morte in Italia Periodo di riferimento: dal portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica.
  3. http://www.iss.it/binary/seie/cont/Tassi_Epatite_B_2013N.pdf
  4. http://www.iss.it/binary/seie/cont/Tassi_Epatite_C_2013.pdf
  5. http://umm.edu/health/medical/reports/articles/cirrhosis
  6. Child CG, Turcotte JG. Surgery and portal hypertension. In: The liver and portal hypertension. Edited by CG Child. Philadelphia: Saunders 1964:50-64.
  7. Hepatology. 2007 Mar;45(3):797-805.The model for end-stage liver disease (MELD).
  8. Kamath PS1, Kim WR; Advanced Liver Disease Study Group.
  9. Gastroenterology. 2006 May;130(6):1652-60. Evidence-based incorporation of serum sodium concentration into MELD.Biggins SW1, Kim WR, Terrault NA, Saab S, Balan V, Schiano T, Benson J, Therneau T, Kremers W, Wiesner R, Kamath P, Klintmalm G.
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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Cirrosi Epatica Thu, 22 Jan 2015 00:00:00 +0100
METASTASI EPATICHE DA TUMORE NEUROENDOCRINO http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/meta-neuroendocrino/item/311-metastasi-epatiche-da-tumore-neuroendocrino http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/meta-neuroendocrino/item/311-metastasi-epatiche-da-tumore-neuroendocrino

I tumori neuroendocrini (NET) sono un gruppo molto eterogeneo di neoplasie che derivano da cellule del sistema neuroendocrino.
Un tempo ritenuti tumori rari, si è osservato negli ultimi anni un aumento dell'incidenza (3.65 /100.000/anno) [1].
Possono essere sporadici o associarsi a sindromi endocrine a carattere ereditario (MEN, Von Hipple Lindau).
I NET possono insorgere a qualsiasi età, anche se si è osservato una maggiore incidenza dalla quinta decade di vita in poi; nelle sindromi poliendocrine l'insorgenza può essere più precoce.
L'incidenza è leggermente maggiore negli uomini rispetto alle donne. [2]
I NET vengono classificati sulla base della sede e dell'attività secernente.
La sede più frequente (85%) del tumore primitivo è il tratto gastroenterico, GEP NET o gastro entero pancreatic neuroendocrine tumor; di questi, circa il 30% è di origine pancreatica.
I NET possono essere funzionanti o non funzionanti; nel primo caso, il tumore prenderà il nome dell'ormone specifico prodotto.
Spesso (dal 40 all'80% dei casi ) i NET sono diagnosticati già in fase metastatica. La possibilità di dare metastasi dipende dal sito di insorgenza del tumore primitivo e dal tipo istologico; i NET di origine pancreatica hanno il maggior potenziale di metastatizzazione. Il sito più comune di metastasi è il fegato (40-93%) seguito da ossa (12-20%) e polmoni (8-10%). [3]
Si stima che in circa il 40 % dei pazienti con NET siano presenti metastasi epatiche al momento della diagnosi [4]

SINTOMI

Da un punto di vista clinico possono:

  • Essere asintomatici, e quindi scoperti accidentalmente in corso di altre indagini.
  • Determinare segni e sintomi correlati all'attività secernente del tumore. In circa il 30% dei GEP-NET, più spesso in quelli che già presentano metastasi epatiche, è presente la cosiddetta sindrome da carcinoide, principalmente caratterizzata da flushing e diarrea, determinata dall'ipersecrezione di serotonina. Ulteriori sintomi dipendono poi dallo specifico ormone prodotto (Tabella 1, [2]).
  • Determinare sintomi legati alla presenza stessa del tumore (compressione, ostruzione, emorragia) all'invasione locale o alle metastasi.

  • Tabella 1

DIAGNOSI

La diagnosi può essere formulata con i seguenti strumenti:

  • Segni clinici.
  • Esami ematochimici con rilievo nel sangue o nelle urine di un'iperproduzione degli ormoni specifici (cromogranina A, Acido 5 indolacetico, Insulina, gastrina,PP, glucagone, somatostatina, ACTH)e test specifici in base al sospetto clinico.
  • Esami strumentali: TAC torace- addome con mdc, Risonanza Magnetica Nucleare o Colangio RMN (più specifica per il fegato), PET etc.
  • Esame istologico (biopsia su tumore primitivo o sulle metastasi) che permette di determinare/confermare la natura della lesione e di fornire importanti informazioni sull'aggressività del tumore e sulla risposta ad eventuali terapie mediche.

TERAPIA

La terapia dei NET dipende, oltre che da variabili riguardanti il paziente stesso (età, comorbidità), principalmente da:

  • presenza di sintomi
  • sede del tumore
  • dimensione e estensione (localizzato/localmente avanzato/metastatico)
  • parametri istologici

Le principali terapie dei NET comprendono:

  • chirurgia
  • terapia medica con gli analoghi della somatostatina (tumori ben differenziati, funzionanti e non)
  • chemioterapia sistemica
  • altre

La resezione chirurgica è il trattamento di scelta per le metastasi epatiche da NET (NELM, neuroendocrine liver metastasis ). Queste sono classificate in [5] :

  • Tipo I: singola metastasi di qualsiasi dimensione
  • Tipo II: metastasi di qualsiasi dimensione con metastasi satelliti di minori dimensioni su entrambi i lobi epatici
  • Tipo III: sovvertimento del parenchima epatico con numerosissime lesioni su entrambi i lobi

Solo i pazienti con NELM tipo I e pazienti selezionati con NELM tipo II sono candidabili alla chirurgia[6].
Le possibili alternative chirurgiche attualmente disponibili per il trattamento delle metastasi epatiche da NET presso il nostro Centro sono[3]:

  1. Resezione chirurgica (trattamento di scelta) quando il paziente è in buone condizioni generali, la/le metastasi epatiche sono aggredibili chirurgicamente e non sono presenti metastasi extraepatiche.
  2. Ablazione chirurgica mediante microonde o radiofrequenza (da sola o complementare alla resezione chirurgica).
  3. Trapianto di fegato (in casi molto selezionati di pazienti con metastasi epatiche non resecabili e assenza di altre metastasi in altri organi)

Nel caso in cui le NELM non siano aggredibili chirurgicamente, sono disponibili presso il nostro centro anche approcci radiologici (chemioembolizzazione intrarteriosa), radioterapici o chemioterapici.

PROGNOSI

La sopravvivenza stimata a 5 anni dei pazienti con metastasi epatiche da tumore neuroendocrino non trattate è stimata fra il 20 e il 40% [3, 5], contro il 47- 92% dei pazienti trattati con resezione [3].
Nonostante possa essere ottenuta una resezione oncologicamente radicale, il tasso di recidiva post-chirurgica di neoplasia è elevato, soprattutto a livello epatico [2-5].
In caso di recidiva di malattia a livello epatico è stato dimostrato che mediante ulteriore trattamento chirurgico (in pazienti selezionati) l'aspettativa di vita a 5 anni rimane comunque attorno 60%.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

  1. Frilling A. et al Recommendation for patients with neuroendocrine liver metastases. Lancet Oncol 2014;15: e8-21.
  2. Oberg K et al. Neuroendocrine gastro-entero-pancreatic tumors:ESMO clinical practice guidelines for diagnosis, treatment and follow up. Annals of Oncology 2012 ;23 (Supplement 7): vii124–vii130.
  3. Alagusundaramoorthy SS. et al. Role of surgery and transplantation in the treatment of metastases from neuroendocrine tumors World J Gastroenterol 2014 October 21; 20(39): 14348-14358.
  4. Mayo S.C. et al. Emerging approaches in the management of patients with neuroendocrine liver metastases: Role of liver directed and systemic therapies J Am Coll Surg. 2013 January ; 216(1): 123–134.
  5. Frilling A. Treatment of liver metastases from neuroendocrine tumours in relation to the extent of hepatic disease. British Journal of Surgery 2009; 96: 175–184.
  6. Sarmiento JM et Al. - Surgical treatment of neuroendocrine metastases to the liver a plea for resection to increase survival. J Am Coll Surg Vol. 197, No. 1, July 2003
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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) Meta neuroendocrino Wed, 21 Jan 2015 00:00:00 +0100
EPATOCARCINOMA http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/hcc/item/308-epatocarcinoma http://www.fegatochirurgia.com/index.php/event/hcc/item/308-epatocarcinoma

L'epatocarcinoma (EC) è la neoplasia maligna primitiva del fegato più frequente. E' la quinta neoplasia più comune al mondo e la terza causa di mortalità dovuta al cancro. L'incidenza dell'EC in Italia è tra le più alte in Europa (1-3) e più precisamente è caratterizzata da 13,5 nuovi casi su 100.000 nei maschi e da 4,6 nuovi casi su 100.000 nelle donne.
L'incidenza è maggiore negli anziani con più di 75 anni ed è in crescita specie nei paesi occidentali.
Nella maggioranza dei casi, l'EC si sviluppa in un fegato cirrotico e per questo motivo i fattori di rischio per l'EC in gran parte si sovrappongono a quelli della epatopatia cronica. In particolare, le più comuni cause di EC in Italia (3) sono l'epatite C (49%), seguita dall'abuso alcolico (21%), dall'epatite virale associata al consumo alcolico (12%), e dall'epatite B (13%). Nei paesi occidentali, una causa crescente di EC è l'epatopatia dismetabolica o NASH.
Nei pazienti a rischio aumentato di EC (cirrosi di qualunque eziologia, epatopatia cronica da virus B, epatopatia cronica con fibrosi avanzata da virus C) è altamente raccomandato un opportuno protocollo di sorveglianza dei pazienti basato sull'esecuzione di una ecografia epatica semestrale per poter porre diagnosi di EC negli stadi più precoci suscettibili di terapia curativa (3).

SINTOMI

Solitamente, nelle forme iniziali insorte su cirrosi ben compensata, l'EC è del tutto asintomatico. Nelle fasi più avanzate invece, in relazione all'aumento del volume e del numero dei noduli, possono manifestarsi sintomi più tipici e specifici come ittero, distensione addominale da ascite, sensazione di peso o di dolore sordo in ipocondrio destro, febbre, calo ponderale, astenia e massa palpabile. In una proporzione significativa di pazienti, la progressione dell'EC può favorire lo scompenso della cirrosi sottostante con la comparsa dei segni e sintomi tipici della cirrosi scompensata (ascite, encefalopatia epatica, sanguinamento da varici esofagee) (3).

 

DIAGNOSI

L'EC è l'unica neoplasia solida in cui la diagnosi può essere posta basandosi esclusivamente sulle indagini radiologiche, senza la necessità di una conferma istologica.
In particolare, in base alle recenti linee guida (1-3), la diagnosi radiologica di EC può essere considerata conclusiva quando è presente un nodulo epatico su fegato cirrotico con diametro maggiore di 1 cm che presenta le caratteristiche tipiche (wash-in in fase arteriosa, wash-out in fase portale o venosa) all'imaging di secondo livello (TAC con mdc, RM epatica con mdc epatospecifico, ecografia con mdc). In tutti i casi in cui non sia presente questo pattern radiologico tipico è necessaria una conferma diagnostica mediante biopsia epatica del nodulo.

TERAPIA

Diversamente da altre neoplasie, l'EC ha a disposizione diverse opzioni terapeutiche. Si possono distinguere terapie potenzialmente radicali (in grado di determinare una sopravvivenza a 5 anni superiore al 50%), e terapie palliative (che prolungano la sopravvivenza senza curare il paziente)(1-3).
Al primo gruppo appartengono la chirurgia (trapianto di fegato e resezione epatica) e la termoablazione mediante radiofrequenza o microonde. Al secondo gruppo, la chemioembolizzazione, la radio-embolizzazione e la terapia sistemica con Sorafenib (1-4).
Il principale limite di tutte le terapie per l'EC, ad eccezione del trapianto, è che possono essere applicate solo a pazienti senza cirrosi o con una cirrosi ben compensata (Child A o B7)(4,5). In questa categoria di pazienti (a buona funzione epatica), la termoablazione è la migliore terapia insieme alla resezione per i pazienti con noduli non superiori ai 2 cm, mentre la resezione può dare ottime sopravvivenze anche per pazienti con noduli di maggiori dimensioni, a patto che l'intervento sia oncologicamente radicale.
Un importante opzione terapeutica che stà prendendo sempre più piede è la termoablazione per via laparoscopica che consente efficacemente e con una terapia potenzialmente radicale anche pazienti con controindicazioni alla termoablazione percutanea o alla resezione (6,7).
Per i pazienti non resecabili o non sottoponibili a termoablazione ma sempre con cirrosi ben compensata, la migliore terapia con intento palliativo è la chemioembolizzazione. I pazienti che non rispondo adeguatamente alla chemioembolizzazione o con tumore avanzato (trombosi neoplastica dei grossi vasi epatici o metastasi extra-epatiche), possono essere sottoposti a radio-embolizzazione o terapia sistemica con Sorafenib (1-4).
Per i pazienti con EC e cirrosi scompensata l'unica terapia potenzialmente curativa possibile è il trapianto di fegato (8-10). Il trapianto è teoricamente la migliore terapia possibile per tutti i pazienti con EC, perché è l'unica che cura sia il tumore (con la massima radicalità oncologica possibile) che la cirrosi (principale causa delle ricorrenze tardive del tumore).
Il limite principale del trapianto è però il numero limitato di organi disponibili.
In Italia circa 500 organi all'anno vengono destinati ai pazienti con EC contro circa 10.000 morti annui causati da questa patologia (rapporto 1:20). Negli USA, 1000 organi all'anno vengono utilizzati per pazienti con EC contro circa 20.000 morti annui (rapporto 1:20).
Questa drammatica disparità tra domanda (pazienti con EC) e risorsa disponibile (organi) impone una rigida politica di selezione dei pazienti con EC da destinare al trapianti. Negli ultimi anni si sta sempre più diffondendo la logica del "beneficio trapiantologico" cioè il destinare gli organi a coloro che hanno meno alternative terapeutiche e contemporaneamente risultati accettabili con il trapianto (8-10). I migliori candidati al trapianto, in base a questa logica sono appunto coloro con cirrosi scompensata (non suscettibili di altre terapie) o con cirrosi compensata che recidivano dopo altre terapie. Come già accennato però i risultati devono essere accettabili in termini di sopravvivenza post trapianto, per cui sono stati imposti dei limiti quali l'età (non superiore ai 65-70 anni), l'assenza di comorbidità importanti (cardiologiche, respiratorie, infettive, ecc..), e la presenza di un tumore entro certi limiti morfologici o di aggressività biologica (assenza di invasione vascolare macroscopica o metastasi extra-epatiche, nodulo con diametro non superiore ai 5-6 cm, alfafetoproteina non superiore a 1000 ng/ml, buona risposta alle terapie pre-trapianto).

PROGNOSI

In Italia, il tasso di letalità di questa neoplasia è simile a quello di incidenza (circa 10.000 casi /anno) e la probabilità di sopravvivenza a 5 anni per l'intera popolazione è di circa il 15% (3).
La classificazione prognostica più utilizzata per i pazienti con EC è quella di Barcellona (BCLC, linee guida) che suddivide questi pazienti in 5 stadi (1-3): in situ o molto precoce (BCLC 0), precoce (BCLC A), intermedio (BCLC B), avanzato (BCLC C), e terminale (BCLC D).
Il 30-40% dei pazienti con EC viene diagnosticati in stadio 0 o A suscettibili di terapie curative e con una sopravvivenza mediana superiore ai 60 mesi; il 20% in stadio intermedio suscettibili di terapie palliative e con un sopravvivenza mediana di circa 20 mesi; il 40% in stadio avanzato (terapia palliativa) con una sopravvivenza mediana di 10-11 mesi; il 10% in stadio terminali suscettibili della sola terapia di supporto e con una sopravvivenza mediana inferiore ai 3 mesi (1).

PROSPETTIVE FUTURE

La recente introduzione dei nuovi farmaci anti-virali contro l'epatite C sicuramente cambierà l'epidemiologia di questa neoplasia nei prossimi anni. Anche se l'eradicazione del virus non determina un azzeramento del rischio di sviluppo della neoplasia specie nei pazienti che hanno già un'epatopatia cronica, sicuramente l'incidenza dell'EC cesserà di crescere e probabilmente tenderà a calare col passare degli anni.
La riduzione delle cirrosi scompensate da HCV inoltre, aumenterà sicuramente la possibilità di cura di questa neoplasia.
Dal punto di vista prognostico e terapeutico, i principali sviluppi attesi sono quelli nell'ambito della biologia molecolare, sia per comprendere meglio la storia naturale di questa neoplasia, sia per trovare terapie a target molecolare sempre più efficaci.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

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sviluppo@vbesrl.com (Fegato Chirurgia) HCC Wed, 21 Jan 2015 00:00:00 +0100